Frida Kahlo - Terzo Autoritratto (1930)




Sai cos'è la nostalgia? La incontrerai spesso negli anni a venire, ovunque tu abbia deciso di nasconderti dal mondo. E sarà sempre lei a trovarti, magari nei momenti più insignificanti, nei vuoti della vita che d'un tratto diventano indelebili nella memoria, come una fotografia scattata all'improvviso, quando non te lo aspetti, che rimane a guardarti, stolida e invadente a ricordarti sempre come eri e cosa facevi nell'attimo esatto in cui ti ha colto.







venerdì 4 giugno 2010

Buika!!!!!!!!



Ho scoperto Concha Buika nel più casuale dei modi.
In un video di Chavela Vargas ad un tratto, mentre lei canta, alle sue spalle appaiono Miguel Bosè e una cantante nera che si uniscono a lei nel ritornello.
E' un momento molto bello ed emozionante.
Mi incuriosiva conoscere il nome di quella cantante (tra l'altro molto bella) e, visto che non era citata nel commento al video, ho cercato su Google Immagini tramite alcune parole chiave di trovare una sua fotografia.
Scorrendo le immagini mi è parso di riconoscerla in una, ma in realtà quella bella nera era Concha, cantante afro spagnola di cui non conoscevo neppure l'esistenza.
E' stato amore a prima vista, o meglio, a primo ascolto.
Ho sentito casualmente La falsa moneda e l'ho trovata splendida.
Tra l'altro nel suo repertorio ci sono molte delle canzoni ranchere di Chavela Vargas e quindi il connubio per me è delizioso.
Di origini africane ma nata e vissuta in Spagna, Concha Buika ha uno stile incredibilmente personale in cui si contamninano jazz, flamenco, melodie europee e ritmi africani, il tutto eseguito con una voce assolutamente fuori dal comune.
Ogni pezzo, grazie alla straordinaria abilità interpretativa, diventa il suo pezzo.
In questo video Concha interpreta un classico della canzone argentina, quel Volver di Carlos Gardel di cui parlo a proposito del film di Almodovar in un altro post.
Ospitarla sul mio blog è un onore, ascoltarla è un'esperienza che lascia tramortiti.
Credetemi, dopo averla sentita NIENTE NELLA MUSICA SARA' PIU' COME PRIMA!

Leggi due recensioni  tratte da Outune.net del suo concerto tenuto a Roma il 25 maggio 2009.

Concha Buika... di persone come lei si è perso lo stampo.

E’ una forza della natura. Donna geyser, piantata in mezzo allo scenario fa sorgere dalle viscere della Terra un getto di voce calda che ci penetra fino alle ossa e ci prende il cuore. Quasi due ore di concerto, e non ce ne siamo accorti. Concha Buika scherza, fotografa i musicisti che l’accompagnano, fa di ogni pezzo un piccolo spettacolo in cui si arrabbia, ride, balla, improvvisa, crea, crea l’istante, dea con il viso di una maschera africana. Lei sceglie vecchie canzoni del flamenco, coplas spagnole, rancheras messicane, melodie africane, e le trasforma legando il tutto con l’improvvisazione jazz. Non fa fusion, buikizza, che non è la stessa cosa. Il mondo non è più lo stesso dopo il suo passaggio, una forza della natura, appunto. Come fa ad attingere da tante sorgenti per poi diventare sorgente lei? Forse perché Buika le regole non le segue, le fa, e scrive (o riscrive) pezzi che parlano dell’amore, dell’abbandono, della rabbia, della libertá con una sincerità che fa venire i brividi. Libera e grande, artista di enorme talento e professionalità ma anche accessibile e generosa, Concha Buika trasmette voglia di vivere e di fare musica, di essere liberi, come lei.

A proposito di Concha

La prima cosa che osservo, di Concha, è la sua puntualità. E questa è già una bella sorpresa rispetto ad altre 'divine' che ci hanno tenuto anche 90 minuti a bagnomaria, in dolce attesa.
Inizia accompagnata dal piano con la sua 'Niña de Fuego' e subito dopo, ci incanta con un 'Volver' che avrebbe tolto il respiro anche a Gardel.
La voce di Concha Buika sa di Africa, di flamenco, ma è soprattutto la voce delle donne deluse dall'amore, delle donne tradite, umiliate. Eppure lei sceglie di non discendere mai la china solitaria della malinconia, dell'autocommiserazione, dell'amante sola che si piange addosso.
Anzi: c'è rabbia, c'è voglia di riscatto, c'è una sferzata di pura energia, la sua è una corsa dove lei ci trascina, tra citazioni, parafrasi, giochi di parole, autorionie, doppi sensi, preghiere "che quelli che ci hanno abbandonato che se ne restino ben lontani, che quelli che ci amano che si facciano più vicini".
La parola si incastona nella gestualità, ogni parola ha il suo gesto. Ed il corpo accentua la distanza o la presenza, la tristezza o la gioia. La voce è incontenibile, eppure il controllo delle dinamiche è assoluto e mai si deborda nella banalità o nella macchietta.
E la band si muove in perfetta sincronia con la sua leader: gli assolo di tromba, il ritmo gitano del cajon, le congas, il basso, tutti accompagnano queste onde di voce che scivolano dal bolero al son, dal lirismo del flamenco alla ritmica pulsazione del funky.
Ho la sensazione che potremmo ascoltare qualsiasi cosa, ma ciascuna nota, ciascun parola sarebbe comunque filtrata da questa testolina pensante, con cuore e personalità da vendere.
Un'ora e cinquanta minuti scorrono senza nessun calo di tensione. Anche quando è un testo di Rocio Jurado ("si è rotto, l'amore, ma si sa che le cose africane durano poco") che scorre, esso è del tutto stravolto, rimasticato e rimesso in discussione.
Canzoni concepite, a suo tempo, per raccontare donne abbandonate subiscono uno scambio di sesso: ora è l'uomo che implora il ritorno a casa, il piatto caldo di minestra, il pigiama a righe...
Potremmo andare avanti ancora ma anche lei, alla fine, è stanca. Ci congeda con un ultimo brano, solo voce e cajon e le mani, le sue mani che si dirigono, che si sfiorano creando un ritmo accarezzato e sensuale.
Ce ne andiamo via conquistati, sperando di ritrovarla presto.

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