Frida Kahlo - Terzo Autoritratto (1930)




Sai cos'è la nostalgia? La incontrerai spesso negli anni a venire, ovunque tu abbia deciso di nasconderti dal mondo. E sarà sempre lei a trovarti, magari nei momenti più insignificanti, nei vuoti della vita che d'un tratto diventano indelebili nella memoria, come una fotografia scattata all'improvviso, quando non te lo aspetti, che rimane a guardarti, stolida e invadente a ricordarti sempre come eri e cosa facevi nell'attimo esatto in cui ti ha colto.







martedì 18 maggio 2010

Una squadra, una città!


 Domenica 16 maggio Angelico Pallacanestro Biella ha conquistato il diritto a disputare per il decimo anno consecutivo il campionato di serie A1.
Lo ha ottenuto vincendo l'ultima partita di campionato all'ultimo secondo e grazie ad un tiro sbagliato degli avversari.
Era uno spareggio: chi vinceva restava in serie A, chi perdeva retrocedeva. L'avversario era la CARIFE Ferrara.
Sono state due ore incredibili, con emozioni fortissime.
Dopo una partenza a razzo dei nostri (55 a 35 a metà incontro) Ferrara ha progressivamente recuperato fino ad arrivare a -3 a 13 secondi dalla fine. Tredici secondi, si sa, nel basket sono infiniti ed infinita è stata l'emozione.
Non ci scorderemo facilmente questa giornata, l'ultima di un campionato pieno di delusioni e amarezze.
Nonostante questo, guardate quanto la città ama questa squadra.
Il video www.youtube.com/watch?v=abT2h6GOLzQ  riprende l'ingresso in campo delle squadre.
Eravamo in quattromiladuecento (più cinquecento ferraresi) ad abbracciare i giocatori di Biella con una coreografia da brividi.

Leggi qui di seguito il commento alla partita apparso su Basketground.it (ne vale la pena!!!)


Le cose che danno un senso.

Ci sono partite che non lo sono. Ci sono sfide sportive che non lo sono. Ci sono piccole squadre che per un determinato lasso di tempo non lo sono. Ci sono momenti che non lo sono, perché durano una vita. Ci sono settimane che non lo sono, perché sembrano mesi. Per questo ci sono partite come Biella-Ferrara.

Perché nel contesto globale della pallacanestro sembra un evento periferico, e invece non lo è. Perché succede che gli eventi periferici, nella domenica in cui queste due società si giocano tutto in quaranta minuti (e per tutto si intende la Serie A), si chiamano Treviso-Milano e addirittura Bologna-Siena.

In almeno due città, in questo 16 maggio, è stato un evento periferico addirittura uno dei più entusiasmanti finali del campionato di calcio. A Biella e Ferrara sono state due giornate diverse, anzi, due settimane diverse. Con due vigilie diverse per lo stesso avvenimento.

Da tifosi è tutta un’altra cosa. Non si passano giornate, conversazioni e cene parlando del basket come di un lavoro.

Non interessa chi è l’agente di chi, chi firmerà dove, chi non firmerà dove, perché questo non accadrà, chi ha scritto A quando invece sarà B. Perché la passione, quella vera, è più forte delle chiacchiere. C’è tempo per una cosa sola. Aspettare.

Da giorni tutti gli orologi erano sincronizzati sulle 18.15 di domenica 16 maggio 2010. per ingannare l’attesa si fa quello che si può. Si prepara un nuovo coro, si organizza una coreografia, si compra semplicemente il biglietto, si allenta la tensione cercando di fare il “film” della partita che sarà. In più, a Ferrara, c’era pure da organizzare un viaggio. “Il” viaggio.

Perché nel basket al ribasso, nel campionato tra i più inutili (si sa da mesi chi lo vince), nel "nuovo" sport degli stranieri (e non solo il basket), c’è spazio per la gente appassionata. Per fortuna. Le migliaia che tifano Biella ospitano le centinaia che tifano Ferrara, e che sono venute in bus, in macchina o con qualunque altro mezzo.

Le cosiddette famiglie da coinvolgere. Ragazze, ragazzi, donne, uomini, bambine, bambini. E nemmeno una spranga o un volto incappucciato. Semmai qualche petto scoperto, ma solo perché la temperatura corporea va ben oltre quella dichiarata dal meteo, man mano che si avvicina l’ora ics.

Sembra un altro paese, insomma, rispetto a quello che si sbrana per la maratona calcistica Inter-Roma, come detto. La strada che ci porta a Biella è piatta, libera da ingorghi. Calma apparente. Perché quando arriviamo, un’ora prima della partita, i parcheggi sono pieni, ma di gente fuori ce n’è poca.

Sono già tutti dentro, o quasi. Anche loro, i tifosi, hanno iniziato questo lungo, ultimo riscaldamento della stagione. C’è anche Sky, che non ha avuto l’Eurolega ma s’è messa il vestito buono per un duello di provincia. Di provincia, ma non da periferia del basket, come abbiamo detto.

Biella-Ferrara è anche una sfida tra frustrazioni diverse: quella dei piemontesi, che un anno fa hanno inaugurato il nuovo palazzo, hanno partecipato alla loro prima coppa europea e hanno costruito negli anni un patrimonio di fedeltà, qualità e know-how che rischiava un fortissimo ridimensionamento.

Quella degli estensi, che l’anno scorso sfiorarono i playoff da neopromossi, che si aspettavano passi avanti e che invece hanno accumulato errori, delusioni e incomprensioni che li hanno intrappolati. E con qualche parola fuori posto, a nuora perché suocera intenda, o anche direttamente a suocera, pure quando a tavola ci sono gli sconosciuti. Insomma, con tempi e modi sbagliati.

I colori, i canti e le emozioni del pubblico ci sono, ma tutti sanno che non è una festa.

Il cronometro cammina a ritmo non troppo sostenuto verso i sei minuti: gli ultimi prima della palla a due, quelli in cui si consumerà la presentazione ufficiale delle due squadre. Fischi di qua, applausi di là, e viceversa. Cartoncini rossoblu, con una A che non è solo la prima lettera dell’alfabeto ma un’invocazione.

C’è il sorriso di Luca Bechi. C’è l’attesa di Giorgio Valli a metà campo, per il saluto con il collega e una scrollata di spalle. “Tocca a noi, anzi, a uno di noi”, sembra dire. E nessuno vuol essere quell’uno. Ci sono gli ex, Valerio Spinelli e Sven Schultze, quest’ultimo alla dodicesima stagionale con Ferrara dopo le dodici giocate con Biella.
C’è Trey Johnson, che tira da solo in un angolo, quasi come un corpo estraneo, l’ultimo arrivato in questa Biella. Ci sono gli arbitri, e le loro facce quasi disinteressate. Ma c’è anche il cenno di intesa durante il riscaldamento tra Cerebuch e Begnis, perché anche gli arbitri tra loro devono giocare insieme, perché in una partita del genere anche per loro c’è molto in palio.

C’è stata la partita. Il 10/13 da fuori di Biella in venti minuti da +20. La follia di Luke Jackson, che dopo una partita inguardabile piazza tre triple in un minuto. Le lacrime di una ragazza seduta dietro a noi, quando il vantaggio biellese era ancora in doppia cifra ma lei aveva già capito che ci sarebbe stato moltissimo da soffrire.

Un Aradori da 0/6 al tiro nella ripresa, ma autore dei tiri liberi del punteggio finale. Le triple di Schultze/Nowitzki e l’impatto di Spinelli, che però l’ultimo pallone lo lancia sul plexiglass. Poi gioia, coriandoli, abbracci, corse, urla, lacrime. E con la stessa intensità altre lacrime, altre urla, altri abbracci, ma che vogliono dire tutt’altro.

Diceva Woody Allen in “Io e Annie”: “Chi non sa far niente insegna e chi non sa insegnare insegna ginnastica. Quelli che neanche la ginnastica, credo li destinassero alla nostra scuola”. Noi nemmeno la ginnastica, e nemmeno una scuola. Non sappiamo giocare, e non siamo allenatori, quindi non insegniamo il gioco. Ma speriamo, in questo caso, di avervi saputo raccontare perché è così bello questo sport.

Pietro Scibetta  http://www.basketground.it/

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