Frida Kahlo - Terzo Autoritratto (1930)




Sai cos'è la nostalgia? La incontrerai spesso negli anni a venire, ovunque tu abbia deciso di nasconderti dal mondo. E sarà sempre lei a trovarti, magari nei momenti più insignificanti, nei vuoti della vita che d'un tratto diventano indelebili nella memoria, come una fotografia scattata all'improvviso, quando non te lo aspetti, che rimane a guardarti, stolida e invadente a ricordarti sempre come eri e cosa facevi nell'attimo esatto in cui ti ha colto.







sabato 20 novembre 2010

Ciao Adriana

Se ne è andata a 91 anni Adriana Zarri.
Teologa postconciliare, fine intellettuale, scrittrice e giornalista. Cattolica e gattolica, come amava definire il suo amore per i felini.
Era tutto questo e molto di più.
Personalmente l'avevo scoperta quale ospite di una puntata di Samarcanda. Da allora l'ho seguita nelle sue rubriche, mai banali, su vari giornali quali Il Manifesto, dove fino a poco tempo fa era ospite fissa.
E' curioso che un "aspirante ateo" come me amasse questa scrittrice, eppure io l'ho amata molto.
Leggere i suoi libri era arduo, faticoso.
Inciampavo spesso, cadevo, mi rialzavo e andavo avanti, certo che alla fine mi sarebbe rimasto molto dentro. E così succedeva, ogni volta.
Da anni si era ritirata in una cascina nei pressi di Strambino (To) dove viveva in eremitaggio comunicante, come scriveva lei stessa.
Ho avuto il privilegio, alcuni anni fa, di trascorrere in sua compagnia il tempo impiegato dal treno a percorrere la tratta Santhià-Torino: andavamo entrambi al Salone del Libro dove lei era ospite del settimanale Avvenimenti.
Un'ultima cosa: su You Tube c'è di tutto, veramente di tutto. Adriana non c'è, non esiste un filmato su di lei.
Se qualcuno possedesse una registrazione sarebbe importante la caricasse.

Con profondo affetto riporto la sua l'epigrafe, scritta da lei stessa:

 Non mi vestite di nero:
è triste e funebre.
Non mi vestite di bianco:
è superbo e retorico.
Vestitemi
a fiori gialli e rossi
e con ali di uccelli.
E tu, Signore, guarda le mie mani.
Forse c’è una corona.
Forse
ci hanno messo una croce.
Hanno sbagliato.
In mano ho foglie verdi
e sulla croce,
la tua resurrezione.
E, sulla tomba,
non mi mettete marmo freddo
con sopra le solite bugie
che consolano i vivi.
Lasciate solo la terra
che scriva, a primavera,
un’epigrafe d’erba.
E dirà
che ho vissuto,
che attendo.
E scriverà il mio nome e il tuo,
uniti come due bocche di papaveri.

Anche questo era Adriana Zarri.

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